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| Maps to the Stars su Total Film Magazine (Uk). Scans e Traduzione
"Mancava di certi elementi di cui abbiamo bisogno per commercializzare un film con successo.", dice il produttore hollywoodiano Griffin Mill (Tim Robbin) nella satira di Hollywood (1992) di Robert Altman , "The Player".
"Suspence, risate, violenza, speranza, cuore, nudità, sesso, lieto fine. Principalmente lieto fine".
Bene, Maps to the Stars di David Cronenberg, un film che osserva Tinseltown (termine slang per indicare Hollywood, NdT)con una crudeltà che fa sembrare The Player caldo e confortevole e, soprattutto, nega il lieto fine. Il che porta a mostrare che, a Hollywood, nessuno sa niente. Buona fortuna a questo atto di ferocia tra i supereroi che dominano l’estate…
Scritto da Bruce Wagner, uno scrittore e sceneggiatore emerso a LA, sposato con Rebecca De Mornay alla fine degli anni ’80, Maps to the Stars rappresenta un’aggiornamento del sotto-genere che ha prodotto classici come Sullivan’s travels, Sunset Boulevard, The Bad and The Beautiful, A Star is Borne (x3), Barton Fink e Mulholland Dr., per dirne alcuni. L'aspra sceneggiatura di Wagner offre una costellazione di protagonisti presi da se stessi, ossessionati dallo status e uniti nella paura del fallimento.
C’è un’attrice in declino, Havana (Julianne Moore); la sua assistente Agatha (Mia Wasikowska); il guru del “fai-da-te” Dr.Stafford (John Cusack); l’impertinente star adolescente Benjie (Evan Bird): ed un autista di limousine/aspirante sceneggiatore Jerome (Robert Pattinson).
All’ombra delle palme attraversano un mondo decadente, disseminato di agenti, produttori, set di film, cliniche di riabilitazione e sogni spezzati, mentre l’immagine specchiata che Wagner offre dell’industria cinematografica mostra ciò che accade quando a tipi privilegiati e viziati viene detto che non sono più i migliori di tutti.”
"Quando la tua carriera è al massimo e tutti ti vogliono, la gente t’incoraggia a pretendere cose bizzarre e riesci ad ottenerle" spiega Cronenberg. "E poi all'improvviso nessuno ti vuole.Nessuno è d’accordo con quello che chiedi. E questo genera una disperazione, che spesso produce crudeltà e panico – panico esistenziale, perché sappiamo tutti che dobbiamo morire, ma a Hollywood puoi morire prima di morire."
Total Film parla con Cronenberg a Cannes, dove lui e il cast stanno promuovendo Maps to the Stars nella sezione della competizione principale del festival. Quando il direttore del festival Thierry Frémaux ha annunciato la sua inclusione nel programma, lo ha descritto come una satira nella vena di The Player, paragone che faceva eco alle notizie che salutavano la premiere mondiale del film. E’ una descrizione che irrita non poco l’autore canadese.
"Non è una satira, è solo un 'osservare'", minimizza il 71enne regista, sottolineando che non c’è una battuta del dialogo che lo sceneggiatore Wagner non abbia udito in prima persona.
"Mi sento come uno scienziato o un ricercatore. Questo è il modo più onesto e neutrale di vedere le cose. Non ce l’ho con Hollywood".Dice con un sorrisetto. "Non è una satira" ribadisce. "Jonahtan Swift era satira. I Viaggi di Gulliver erano satira. Erano esagerati.Ora, quando la gente dice che è satirico, intendono che è critico, con un po’ di humour. Questo film non è satirico. E’ critico su alcuni modi di vivere a Hollywood."
Finita la lezione letteraria, Cronenberg – che è l’uomo più piacevole che si possa incontrare – ammette che è nella posizione perfetta per vedere le macchinazioni di Hollywood. Non ha mai fatto un film con gli studios (A History of Violence si è avvicinato, ma New Line Cinema non è considerata una major), o, sicuramente, filmato in America (fino a Maps to the Stars, per il quale ha girato cinque giorni a LA per gli sfondi), ma è stato avvicinato diverse volte e ha avuto a che fare con abbastanza set per sapere di cosa si tratti. "Ho incontrato tanti di quei produttori esecutivi da non credere" dice con un espressione che spazia dal sorriso alla smorfia. "Potresti pensare che me lo sia inventato, che sia una sorta di teatro dell’assurdo. Sul serio.Gente con potere e soldi e nessuna idea sulla vita, la creatività, civiltà, collaborazione. Incredibile."
Negli anni ’80, il regista, allora rinomato per gli agghiaccianti perversioni in Rabid Scanners e Videodrome, era stato che ci crediate o meno, contattato per dirigere Star Wars:Episodio VI – Il Ritorno dello Jedi, Top Gun e Flashdance (“Dawn Steel [produttore capo della Paramount Pictures] continuava a telefonarmi. pensava avrei potuto fare Flashdance, e io continuavo a dirgli:”Farò un film che odierai!”). Rifiutò e continuò a lavorare a Toronto, come fa ora – sebbene Maps to the Stars segua Cosmopolis (East Cost) e A History of Violence (America Centrale) nel formare una sorta di trilogia americana.
" È una tradizione per i canadesi avere punti di vista interessanti sull’America," dice. "Siamo molto diversi. Non se ne rendono conto, ovviamente perché non se ne preoccupano. Non ne hanno bisogno. Essi sono il potere. pensano che i canadesi siano come gli americani, solo più educati, con città più pulite.ma in realtà siamo molto diversi. Marshall McLuhan, filosofo canadese della comunicazione,disse che il motivo per cui aveva una tale visione dell’America e del linguaggio figurato della TV e dei film era perché ne era al di fuori . Un pesce non sa cosa sia l’acqua."
Julianne Moore discute dei suoi movimenti intestinali. In un film pieno di momenti cruciali, questo è il più cruciale di tutti, quando la sua slavata attrice Havana insiste che la sua assistente entri nel bagno per ricevere ordini mentre è seduta sul water. E’ una scena che ovviamente preoccupava diverse attrici interessate alla parte, ma non la Moore, che non ha chiesto fosse eliminata. "Oh, è stato imbarazzante" ricorda con un sorriso radioso. "La sorella di David (Denise) era la costumista e mi disse: ' Ho intenzione di dirgli di tagliare la scena'. È terribile, ma così interessante secondo me. Riguardo qualcuno che è così sfrenato, infantile, ma anche offensivo. È quella dualità di Havana che mi affascinava, sempre. È il cinema – come si provocano emozioni nel pubblico?"
Il ruolo di Havana, che ha fatto vincere alla Moore il premio come Miglior Attrice a Cannes, è un’altra delle sue anime altamente nevrotiche, che mostra livelli di vulnerabilità e tormento , da competere con quelli del suo personaggio in “Magnolia”. Con la carriera in declino, Havana si aggrappa alla possibilità di ottenere una parte nel remake di un melodramma degli anni ’50, in cui recitava la madre, un’attrice famosa, ora morta. In un altro scenario imperdibile, Havana ha una scena di sesso con l’autista di limo Pattinson, nel retro dell’auto, ben sapendo che lui è l'oggetto delle timide attenzioni di Agatha. Forse ha bisogno di sentirsi desiderata, forse lo fa per riaffermare il proprio potere – non certo per erotismo o tenerezza ed è lontano dal Griffin Mill sessuale del film.
Pattinson si guarda i piedi. "Era la prima volta che incontravo Julianne", comincia. "Faceva così caldo a Toronto. È una di quelle persone che non sudano, ma io invece sudo da pazzi. Cercavo letteralmente di catturare le gocce di sudore, per fermarle prima che le cadessero sulla schiena. E’ stato così imbarazzante. Si è girata e ha detto, “Tutto bene? Hai un attacco di panico o roba simile?"
Cusack, dal canto suo, interpreta un terapista di manuali di autosuggestione , che si prende cura dei traumi psicologici dei suoi famosi clienti. L’attore aveva contattato anni prima Cronenberg esprimendogli il desiderio di lavorare con lui, e ha ottenuto il ruolo del Dr, Stafford dopo che Viggo Mortensen lo ha dovuto rifiutare per problemi di schedule. Il regista confessa di essersi concesso un super cast qui: "John è stato a suo tempo una baby star" sottolinea. “Ha detto di essere stato un “Benjie".
Ha detto: "Sono stato quel bambino". L’attore si appoggia indietro e aspira da una sigaretta elettronica. "LA è una città di frontiera, attira molti ciarlatani da fiera e vendotori di olio di serpente e vagabondi. Stafford è un personaggio molto cattivo. I personaggi del film sono tutti dei falliti. Non riescono a gestire le proprie vite, né la realtà.Ho pensato che la sceneggiatura fosse così adatta. Così crudele e scomoda. Molto provocativa. Non sapevi se dovevi ridere, essere disgustato, o piangere." Non si è mai preoccupato delle ripercussioni che un simile ruolo negativo potesse generare? Nessuna paura di mordere la mano che ti nutre? Scuote la testa e dice: Non ero preoccupato di non essere scritturato nuovamente come persona piacevole, o protagonista, o per una commedia, perché ero sgradevole. Devi solo: "Fottitene e fallo!" Almeno Cusack ha 30 anni di carriera dietro le spalle per permettersi cambiamenti.
A 24 anni, Mia Wasikowska è ancora relativamente una nuova arrivata a Hollywood. Arrivata adolescente dall’Australia, ebbe uno shock. "Stavo in un ostello fuori Hollywood Boulevard". Rabbrividisce, gli occhi nascosti dagli occhiali da sole (è timida, non una diva, assicura il PR). "È stato orribile. Pensavo fosse la LA che vedi nei film, con le palme e la spiaggia e la gente che corre lungo le strade sullo skate, ma West Hollywood è la parte peggiore di Hollywood. E’ uno dei posti più turistici, terribile. Uno va lì e dice: "Che ca**o?!" Ora la star di Alice in Wonderland e attrice tenuta in gran conto, ha molto da perdere, ma non è preoccupata in particolar modo di non poter mangiare ancora qui.
"Il film è una versione del sogno febbrile di Hollywood. Ci sono similitudini e cose familiari, ma questa non è l’esperienza che io ho avuto.Ero curioso di come sarebbe stato accolto. Non pensavo che le gente si sarebbe offesa, anche se potrebbe essere successo – penso che qualcuno l’abbia presa sul personale, il che è buffo per me – non pensavo fosse un attacco. sarei sorpresa se ci fossero conseguenze."
Cronenberg esclude decisamente la possibilità di conseguenze, sottolineando che non puoi uccidere nessuno con una metafora. Inoltre, non è nemmeno un film su Hollywood, afferma – è sul potere, la ricchezza e l’eccitazione creativa, non su un luogo.
"Potrebbe essere Wall Street o Silicon Valley, o l’industria automobilistica" dice. "Ma è molto comprensibile, visivamente, per un regista, che è Hollywood. Hollywood è ancora perseguitata da James Dean, Marylin Monroe e Humpfhrey Bogart. Si tratta delle loro immagini, i momenti, le battute di dialogo. Non è solo Hollywood che è perseguitata da Hollywood. Rende speciale qualcosa che è universale in termini di ambizione umana, disperazione, e tutte quelle cose”. Fa un sorriso tenero. "È la condizione umana".
Traduzione
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